GIOVEDì 6 GIUGNO H18:30 @ NextEmerson: Usine Baug – Un viaggio che non abbiamo fatto.
Un viaggio che non abbiamo fatto è un’installazione vivente e partecipata in cui il pubblico è invitato a viaggiare in luoghi diversi e ad interagire con persone presenti nello stesso spazio oppure a distanza. È un’installazione soggetta a variazioni, è composta da moduli/isole che possono cambiare, evolvere, se ne possono aggiungere o perdere.
Questa è la tappa di un viaggio, una finestra aperta, un nodo di relazioni, una forma istantanea della casualità degli incontri. Il mondo cambia continuamente, cambiamo noi, incontriamo nuove persone, il fatto stesso di portare in giro questa installazione/performance la modifica come ogni essere vivente cambia nel corso della vita. Lo spazio in cui avviene è spazio di precipitazione in cui il flusso continuo di eventi, incontri, pensieri, visioni… prende forma concreta per poter interagire, cristallizza in
qualcosa che dev’essere superato per provocare altri cambiamenti.
Nella sua prima realizzazione, Un viaggio che non abbiamo fatto era composto di 8 spazi.
Invito a cena: una grande tenda al centro della sala è stata organizzata come la sala di un piccolo ristorante o di un salotto di casa pronto ad accogliere una ventina di ospiti. Sui tavoli sono disposti pane e za’atar, davanti ai tavoli una televisione, sullo schermo Fidaa Abuhamdiya in collegamento in diretta da Ramallah. Fidaa è una cuoca e performer palestinese (autrice tra l’altro di Pop Palestine), quando il pubblico entra lei li accoglie e comincia a raccontare ricette, storie legate al cibo, tradizioni della cucina e della cultura palestinese. Il pubblico interagisce, c’è scambio con lei, si chiacchiera come se fossimo nel suo salotto. (La conversazione si svolge in italiano).
Finestre aperte: in un luogo appartato sono messi a disposizione 4 computer, su ciascun computer una videochiamata aperta, dall’altra parte c’è una persona in collegamento in diretta dalla Cisgiordania. Il pubblico ha la possibilità di sedersi e chiacchierare, uno alla volta. L’unica richiesta è che la conversazione parta da una domanda posta al pubblico: «perché ti interessa la Palestina?». (Le conversazioni si svolgono in inglese)
Parole di pietra: un mucchio di calcinacci su cui sono scritti pezzi di poesie di autori e autrici palestinesi, altre pietre bianche. Intorno ci sono dei pennarelli, il pubblico può leggere ma soprattutto scrivere e disegnare sulle pietre, poi prenderle, metterle in tasca abbandonarle in giro per la città.
Voci d’istanti: dei lettori mp3 con cuffie e un codice QR sono messi a disposizione per poter ascoltare testi di poesie palestinesi (Mahmud Darwish, Fadwa Tuqan, Tawfiq Zayyad, Fatena al-Ghurra). Le poesie sono registrate in arabo, sul tavolo sono presenti i testi in arabo con traduzione in italiano.
Ricordi di carta prende spunto da un’iniziativa (Gaza monologues) dell’Ashtar Theatre di Ramallah. Il teatro ha messo a disposizione dei testi scritti da ragazzi e ragazze tra i 10 e i 16 anni durante una delle numerose invasioni di Gaza. Da questi testi è nato uno spettacolo portato in giro da Ashtar theatre, ma gli eventi degli ultimi mesi hanno cambiato radicalmente la vita di tutto un popolo, il teatro allora ha messo a disposizione questi testi perché fossero letti il più possibile nel mondo e tantissimi gruppi hanno raccolto l’invito.
Qui proponiamo un momento di lettura collettiva: i testi saranno messi a disposizione, ci sarà un microfono, chiunque vorrà potrà prendere uno dei testi, prendere il microfono e leggere. La sua voce sarà poi ritrasmessa in sala mescolata ai suoni di «paesaggi sonori».
Paesaggi sonori: un mix di musica, soundscapes e field recordings dalla palestina, i suoni escono da fonti sonore diverse e dislocate in punti diversi dello spazio. Muovendosi i suoni cambiano, si mescolano interagiscono in modo diverso creando paesaggi sonori e stimolando immaginari. Un tablet con aperto il Palestinian Sound Archive di Majazz Project è a disposizione del pubblico che puo’ scegliere cosa ascoltare tra moltissimi dischi di produzione palestinese di ogni epoca e field recordings che restituiscono fotografie sonore dei paesaggi culturali palestinesi. Alle pareti sono appesi manifesti promozionali «Visit Palestine», agli originali sono accostate le versioni modificate da artisti contemporanei.
Letters to Gaza, un’altra proposta di Ashtar theatre che abbiamo deciso di raccogliere. Su dei tavoli sono messe a disposizione delle cartoline e delle penne, il pubblico è invitato a scrivere una lettera a Gaza, queste lettere/cartoline saranno poi spedite in Palestina
(fisicamente o virtualmente attraverso le pagine social di Ashtar theatre).
Schermi, una selezione di cortometraggi di registi e registe palestinesi, tra finzione e realtà per raccontare la Palestina in immagini, movimenti e parole. I films sono proiettati su schermi televisivi posizionati in salotti ricostruiti, tra divani, tappeti e cuscini
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